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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/303

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fez 293


Quella esigenza ci fece specie, tanto più che ci parve di veder brillare negli occhi del cerimoniere un risolino astuto. Nello stesso punto sentimmo un vivace bisbiglio che veniva dall’alto. Guardammo in su, e vedemmo nei bastioni, a una certa altezza, quattro o cinque finestre, chiuse da persiane verdi, dietro le quali si muovevano confusamente molte teste. Erano teste di donna; il bisbiglio veniva di là; le finestre appartenevano a una specie di loggia, che per un lungo corridoio comunicava coll’arem del Sultano; e il cerimoniere ci faceva stare in quel certo punto per ordine del Sultano stesso, al quale le donne avevano chiesto di poter vedere i cristiani. Che peccato non aver sentito quello che dicevano dei nostri cappelli a staio e dei nostri vestiti a coda di rondine!

Il sole era ardentissimo, nella vasta piazza regnava un profondo silenzio, tutti gli occhi erano rivolti dalla stessa parte. Credo che in quei momenti ai miei compagni, come a me, batteva il cuore più forte.

Aspettammo circa dieci minuti.

All’improvviso, corse un fremito per tutto l’esercito, s’intese un suono di banda, le trombe squillarono, i personaggi della corte si curvarono profondamente, le guardie, i palafrenieri e i soldati misero un ginocchio in terra, e da