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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/463

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sul sebù 453


Dicendo questo, il povero caid, bonissim'omo in fondo, non riusciva a nascondere, benchè volesse parere impassibile, il dolore d'aver dovuto infliggere quel castigo e la pietà che ne aveva provato; e questo bastò a rimetterlo al suo posto dentro al mio cuore.


La notte fummo svegliati da un caldissimo vento di levante, che ci fece balzar fuori della tenda colla bocca spalancata, in cerca d'un filo d'aria respirabile; e all'alba ci mettemmo in cammino con un tempo fosco che preannunziava una giornata anche più calda della precedente. Il cielo era tutto coperto di nuvole, da una parte infocate dal sole nascente e rotte in varii punti da raggi vivissimi; dalla parte opposta, nere e rigate da striscie oblique di pioggia. Da questo cielo inquieto scendeva una luce strana, che pareva passata a traverso una volta di vetro giallastro, e dava alla vastissima pianura tutta coperta di stoppie un arrabbiato colore sulfureo, che quasi offendeva la vista. Lontano, il vento sollevava e rigirava con una rapidità furiosa immensi nuvoli di polvere. La campagna era solitaria, l'aria pesante, l'orizzonte nascosto da un velo di vapori color di piombo. Senz'aver visto il Sahara, m'immaginai che dovesse presentare qualche volta quel medesimo aspetto, e già stavo