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il capitano ugo foscolo. 155

trovarne delle buone a tenuissimo prezzo, scriveva al generale per fargli notare che nei corpi si pagano molto di più e che sulla massa dei soldati si ruba.

Per dare un premio ai sott’ufficiali di buona condotta, e perchè non gli reggeva l’animo di vederli mal vestiti, il povero Foscolo anticipava loro, di sua tasca, un po’ di danaro sui risparmi futuri delle loro masse; faceva man mano accomodare gli oggetti dei soldati coi pochi sussidii che la sua povertà gli concedeva di prestare; assisteva egli stesso a tutti i contratti perchè non si defraudasse il soldato; ratificava gli atti più minuti dell’amministrazione; esigeva che gli operai e i mercanti andassero di persona al suo ufficio a prendere le ricevute; e così a forza di pazienza e di cura faceva in modo che le cose camminassero il meno peggio possibile.

«Interponete la vostra autorità, mio generale — egli scriveva — perchè io possa vedere i miei soldati contenti di me come io sono omai divenuto contento di loro. La sala di disciplina è vuota; il servizio, regolare; i tre corpi, concordi, e tutti zelanti per il proprio dovere.»

Ma non era sempre così. Egli aveva ragione di lamentare, fin d’allora, la poca subordinazione in cui vivono naturalmente gl’individui lontani dalle severità dei corpi, ed esigeva che i sott’ufficiali contabili, lontani dai suoi occhi, venissero a presentargli ogni giorno il proprio lavoro. Brontolava anch’egli, fin d’allora, perchè i sott’ufficiali tendevano a violare l’ordinanza dell’uniforme. Deplorava che il vestito dei soldati fosse fatto, anche allora, a casaccio, e che la cintura dei calzoni, in ispecie, non arrivasse al ventre, e che quei benedetti fondi si logorassero in così poco tempo. E si doleva col generale che gli ufficiali comandanti i drappelli lasciassero per la strada gli infermi e si portassero via i cappotti; «cosa non so se contro i regolamenti — soggiungeva — ma certamente