Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/28

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22 barcellona.

lì è un repubblicano. — Quell’altro là è un sagastino. — Questo accanto è un radicale. — Quello laggiù è un cimbrio. — Tutti parlavano di politica. Trovai un carlista arrabbiato in un barbiere, il quale, accortosi dalla mia pronunzia ch’ero un conciudadano del Rey, tentò, così alla larga, di tirarmi nel discorso. Io non dissi parola, perchè mi stava radendo, e un risentimento del mio orgoglio nazionale ferito avrebbe potuto far correre il primo sangue della guerra civile; ma il barbiere insistè, e non sapendo per qual altra via venire all’argomento, uscì a dire con accento gentile: “Sabe Usted, caballero, si hubiera la guerra entre Italia y España, España no tuviera miedo (non avrebbe paura).” — “Ne sono persuasissimo,” risposi, badando al rasoio. Poi mi assicurò che la Francia avrebbe dichiarato la guerra all’Italia non appena avesse pagato la Germania; no hay escapatoria. Non risposi. Allora egli stette un po’ sopra pensiero, e poi disse maliziosamente: “Cosas grandes van à acontecer (accadere) dentro de poco!” Piacque però ai Barcellonesi che il Re si fosse presentato a loro in atto confidente e tranquillo, e la gente del popolo ricorda la sua entrata in città con ammirazione. Trovai simpatia per il Re anche in alcuni che mormoravano a denti stretti: — no es español, — o come mi domandò un tale: “Pare a lei che starebbe bene a Roma o a Parigi un rey castellano?” — domanda a cui si risponde: — “No entiendo de politica,” — ed è discorso finito.

Ma i veramente implacabili sono i Carlisti. Dicon