Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/310

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304 cordova.


appartenesse ad un tempio di Giano, sulle rovine del quale venne costrutta la chiesa che gli Arabi distrussero per costrurre la moschea. Sopra parecchi capitelli si scorgono ancora le traccie delle croci che v'erano scolpite, e che gli Arabi ruppero a colpi di scalpello. In qualche colonna sono confitti ferri ricurvi ai quali si dice che gli Arabi legassero i Cristiani; e se n'accenna uno, tra gli altri, cui la tradizione popolare narra esser stato legato un cristiano per lo spazio di molti anni; nel qual tempo, a furia di raschiare coll'unghie, riuscì a incavare nella pietra una croce che i ciceroni fanno vedere con profonda venerazione.

Giungemmo alla Maksura, che è l'opera più completa e più meravigliosa dell'arte degli Arabi nel decimo secolo. Sul dinnanzi, sono tre cappelle contigue, colla volta ad archi dentellati, e le pareti coperte di stupendi musaici, che rappresentan gruppi di fiori e sentenze del Corano. In fondo alla cappella di mezzo, è il mihrab principale, il luogo sacro dove stava lo spirito di Dio. È una nicchia di base ottagonale, chiusa di sopra da una colossale conchiglia di marmo. Nel mihrab era deposto il Corano, scritto dalla mano del califfo Othman, coperto d'oro, guernito di perle, inchiodato sovra una seggiola di legno d'aloe; e intorno ad esso venivano a fare sette giri ginocchioni le migliaia dei fedeli. Avvicinandomi al muro mi sentii mancar sotto il pavimento: il marmo è incavato!

Uscendo dalla nicchia, mi arrestai lungo tempo