Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/443

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granata. 437

litico! un paese in preda all’anarchia! un paese... Andiamo, mi citi un grand’uomo spagnuolo di questi tempi!”

“Non saprei.... ce n’è così pochi da per tutto!”

“Mi citi un Galileo!”

“Oh dei Galilei non ce n’hanno nemmen uno.”

“Mi citi un Rattazzi!”

“Eh non ce l’hanno neppure.”

“Mi citi... ma già, non hanno niente. E poi, o che il paese le par bello?”

“Ah! scusi; su questo punto non la cedo; l’Andalusia, per citarle una sola provincia, è un paradiso; Siviglia, Cadice, Granata, sono stupende città.”

“Come?... E a lei piacciono le case di Siviglia e di Cadice, che a passare rasente i muri un povero diavolo s’imbianca dalla testa ai piedi? Le piacciono quelle strade che dopo un buon pranzo si stenta a passarci? E trova belle le donne andaluse, con quegli occhi da spiritate? Andiamo, lei è troppo indulgente, non è un popolo serio. Hanno chiamato Don Amedeo, e ora non lo voglion più; gli è perchè sono indegni d’esser governati da un uomo civilizzato!” (testuale).

“Ma non trova dunque nulla di buono in Spagna?”

“Nulla.”

“Ma perchè ci sta?”

“Ci sto.... perchè ci mangio.”

“È qualche cosa.”

“Ma come ci mangio? Come un cane! chi non sa cos’è la cucina spagnuola!”

“Ma scusi: invece di mangiare come un cane in