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arte e artisti 211

scultori dei rispettivi paesi. Oggi l’umanità sembra meno sensibile agl’impulsi dell’arte, ma, a giudicare dai nuovi altissimi prezzi, e dal numero straordinariamente cresciuto di pittori e scultori, e dall’aumentata produzione di arte industriale, si spende nel complesso molto di più.

Roma contava una ventina di studi di scultura, e oggi son tanti; e di pittura il numero è anche maggiore. In quel tempo la fotografia faceva le sue prime armi, nè lasciava supporre le sue future perfezioni; la volgare oleografia non era apparsa, e l’incisione costava troppo, nè era materia di gran mercato. I governi aiutavano, e con essi le corporazioni religiose, ma la produzione si pagava meno, ripeto, e non vi erano le Promotrici annuali, nè le grandi vendite, nè in America si era sviluppata la febbre degli acquisti di arte antica e moderna. Il primo gran quadro, commesso nel 1860 a Bernardo Celentano, dai gesuiti d’Irlanda, su raccomandazione del padre Curci, venne pagato milleciquecento scudi, e la somma parve straordinaria allo stesso artista. È da ricordare, che quel quadro, il quale rappresenta san Francesco Saverio nel Giappone, misura 10 × 18 palmi; e una commissione procuratagli dal Cipolla, di dipingere a fresco ventotto Madonnine nelle case dei cantonieri della strada ferrata, non gli fruttò che dugentottanta scudi, cioè dieci scudi per ciascuna, tutto compreso. Un ritratto di Pio IX, da lui dipinto per incarico del cardinale De Medici, fu pattuito trentacinque scudi, ma fu pagato trentadue, nè senza stento. In una curiosa lettera degli otto giugno 1857, il Celentano scriveva al fratello: «pel cardinale sto facendo l’arte del diavolo, ma ne uscirò a capo in questa settimana assolutamente». E il quindici dello stesso mese potè annunziargli che alla fine, dopo nove mesi dalla consegna del ritratto, era stato pagato con 32 scudi, e dice: «sono stato pagato al momento con dieci doppie romane, cioè 32 scudi e un paolo: egli (il cardinale) aveva convenuto col Cipolla per 35; comunque sia, sono arrivato a carpirglieli e basta». Il De Medici era facoltoso, e al Celentano aveva, come napolitanamente si costuma, lasciato sperare più di quanto non volesse mantenere.