Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/170

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106 la sesta crociata.

apparteneva a uno de’ Reali di Francia. E prese il detto Capitano la cotta d’arme del mentovato Conte di Artese, e, per donar coraggio alli Turchi e Saracini, la levò alta dinanzi ad essi, e dicea loro ch’era la cotta d’arme dello Re nimico, il quale era morto nella mislèa. E pertanto, Signori, parlava egli, ben vi dovete inardire e farvi più vertudiosi, perchè, siccome corpo senza capo è niente, altresì esercito senza maestro Capitano: e per ciò consiglio che noi li debbiamo duramente assalire, e me ne dovete credere, che per tal maniera venerdì prossimano li dobbiamo avere al fermo e prendere tutti, poiché cosi è ch’elli hanno perduto lo Re loro. E tutti s’accordaro lietamente li Saracini al consiglio del Capitano. Or dovete sapere che nell’oste de’ Saracini lo Re aveva di molte spie, le quali udivano e sapevano soventi fiate loro imprese, e ciò ch’e’ volean fare. Donde egli se ne venne tantosto alcuna di tali spie annunciare al Re le novelle e le imprese de’ Saracini, e che essi il credean morto, e che per ciò le schiere fussono senza capo. Adunque il Re fece venire tutti li Caporali dello esercito, e loro comandò ch’e’ fessono armare tutte lor genti d’arme ed essere in aguato e tutti presti alla mezzanotte, e che ciascuno si mettesse fuor delle tende e paviglioni sino al davanti della lizza, ch’era stata fatta a palanche a bastanza fitte per proibire l’ingresso allo sforzo de’ Cavalieri, e a bastanza rade perchè e’ pedoni vi traforassero; e tantosto fue fatto secondo il comandamento del Re.