Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/218

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154 la sesta crociata.

miscapito, quanto Dio aveva lasciato addurare al Re, che giammai essi nè l’avrebbon adorato, nè avrebbono creduto in lui. Tantosto appresso che entro il Re e gli Almiranti furono fatte, accordate e giurate le convenzioni, fu appuntato tra loro che a l’indimane della festa dell’Ascensione di nostro Signore, Damiata sarebbe renduta agli Almiranti, e che li corpi del Re e di tutti noi altri prigionieri sarebbono diliverati. E furono ancorate le nostre quattro galee davanti il ponte di Damiata, e là fecero tendere al Re un paviglione perchè vi potesse discendere ed albergare.

Quando venne il giorno posto, intorno l’ora di Sol levante, Messer Gioffredo di Sergines andò nella Città di Damiata per farla rendere agli Almiranti: e tantosto sulla muraglia d’essa Città levaronsi al vento le armi del Soldano, e v’entrarono dentro li Cavalieri Saracini, e cominciarono a bere de’ vini che vi trovarono, talmente che molti tra loro s’inebriaro. E intra gli altri ne venne uno nella nostra galea, il quale tirò sua spada tutta sanguinente, e ci disse ch’egli ne aveva ucciso sei di nostre genti: il che era una cosa villana a dirsi da un Cavaliere non che da altri. E sappiate che la Reina, avanti che render Damiata, fu ritirata nelle nostre navi con tutte nostre genti, allo infuori de’ poveri malati ch’e’ Saracini dovean guardare, e renderli al Re, quando desse loro le dugento mila lire, donde è fatto sovra menzione: e così l’avevano promesso e giurato li Saracini: e similmente ci dovevano rendere gl’ingegni, lo arnese e le carni salate di cui