Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/260

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196 la sesta crociata.

male apprendevala ed isquarciavala, credendo in essa tener l’uomo che l’avea colpito. Ed in quella che il lione s’arrestava a sdrucire la vecchia schiavina, gli altri uomini gli tiravano nuove frecciate, perchè la fiera lasciava lo sdrucio del pannuccio e correva su ’l suo nuovo uomo, il quale s’infuggiva altresì, ed altresì lasciava cadere un altro vecchio drappo, cui il lione similmente isquattrava; e così facendo soventi fiate, essi uccidevano finalmente la bestia di loro frecce. Un altro Cavaliere molto nobile venne al Re, durante che era a Cesarea, il quale si diceva essere di quelli di Toucy. E diceva il Re che quel Cavaliere era suo cugino, perciò ch’era disceso d’una delle sorelle di Re Filippo, che lo Imperadore di Costantinopoli ebbe a donna. Lo qual Cavaliere il Re ritenne per un anno con altri nove Cavalieri alla sua bandiera; ed appresso l’anno passato, egli se ne ritornò in Costantinopoli donde era venuto. Ed a quel Cavaliere udii dire e ritrarre al Re che lo Imperatore latino di Costantinopoli e le sue genti si allearono una fiata ad un Re, che l’uomo appellava il Re de’ Commani, per avere l’aìta loro a conquidere lo Imperadore di Grecia ch’avea in nome Vatacio. E diceva quel Cavaliere che il Re del popolo dei Commani, per avere sigurtà e fidanza fraterna dell’Imperadore di Costantinopoli, e per l’uno l’altro soccorrersi, volle ch’essi, e ciascuno delle lor genti d’una parte ed altra, si facessero punger le vene e che si dessero a vicenda a bere del sangue loro in segno di fratellanza, dicendo ch’essi erano così d’uno sangue e fratelli. E così convenne