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tezzato col nome di Ailè Mariam (forza di Maria), era sempre buon mussulmano, trattava bene i suoi correligionari, ed ai principali negozianti dava anche il possesso di terreni, per obbligarli a fare il commercio col suo paese anzichè colle altre province. In tutti i villagi del Danè si lavorava con accanimento; vi erano intere famiglie di fabbri che facevano lance, sciabole e coltelli; è solo al Danè, dove si conciano in modo speciale le pelli, che in Abissinia vengono usate quali tappeti per non sedere sulla nuda terra. Ora tutto quel magnifico paese è rovinato e distrutto; ridotto alla miseria c quasi spopolato, gli occorreranno almeno 20 anni, prima che possa rimettersi delle perdite subite; Mohamed Hanki come al solito non fu preso, ed oggi è ritornato alla sua residenza, ma i pochi superstiti, in mancanza di ogni sussistenza, dovranno darsi al brigantaggio ed alla rapina per vivere.

Questo avveniva, come ho detto, sul finir di gennaio: io mi trovavo in quell’epoca sul teatro stesso di queste rovine; ero a Gherfa, l’unico paese del Woro-Kallo che non avesse preso parte alla rivolta, e che perciò si sperava sarebbe immune da scorrerie. Era il 1.º febbraio dell’anno testè finito, quando si videro da Gherfa spire di fumo, che tutto all’intorno si alzavano vorticose al cielo: il paese era tutto circondato dalle truppe riunite dell’Imperatore e del suo generale Ras