Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/232

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istintivamente ceduta, e si nascose il viso tra le mani. Io ero ben contento che la scena non volgesse al tragico, ma non potevo difendermi dal mandare al diavolo quel valentuomo che si disponeva a rammentarmi la Dionigia proprio nel momento in cui provavo la più sincera commozione ed ero a cento miglia dal teatro. Fortunatamente il repertorio del signor Valadier è diverso, ed egli sentì, al pari di me, come il Diderot fosse più di stagione che non Dumas figlio. Alzò lentamente la fronte ingombra. Il suo viso passò, per insensibili gradazioni, dall’espressione di una collera santa a quella della clemenza di Augusto. Il suo sguardo si rischiarò e divenne d’un’infinita dolcezza. Spalancò le braccia, Emma vi si precipitò, egli le richiuse intorno a lei, e non si udì altro, nella modesta cameretta dove il crepuscolo già discendeva, che un suono misericordioso di singhiozzi e di baci".

Questo è il secreto di Abele Hermant: una indovinatissima mescolanza di comico e di drammatico, la riproduzione integrale degli aspetti ridicoli e patetici dell’esistenza, con l’aggiunta di un commento che è, secondo i casi, e talvolta ad un tempo, umoristico e serio.

Il professore Valadier, parlando ora come Socrate ed ora come il Bonhomme Jadis, è un gran brav’uomo, un padre eccellente, un cittadino esemplare. Egli procedeva all’esame