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ventevole abuso. Finchè un giorno questo effetto immancabile si produsse; e il male e la pazzia m’agguantarono stretto. Guarii, come vedi; ma per miracolo, e forse perchè potessi dire a te, a costoro ed a tutti gli uomini una verità spesso intuita, ma troppo disconosciuta. Sai tu il perchè dell’avidità, dell’ingordigia mia, dell’ansia implacabile che mi faceva moltiplicare tumultuariamente le prove? Ascolta, o giovane, e impara. Mi fu troppe volte ripetuto che l’amore è l’unica cosa degna d’essere desiderata, la sola sorgente del massimo piacere; la più grande e la più divina delizia. E quando io conobbi l’amore, ne godetti, sì, molto; ma paragonando il godimento ottenuto con quello che avevo imaginato e che m’avevano promesso, trovai che la realtà non raggiungeva l’imaginazione; e, senza paragonare l’aspettazione all’ottenimento, trovai che queste gioie dell’amore, quantunque grandissime, non erano sempre e tutte pure, e che talvolta il piacere costava troppo ed era troppo vicino al disgusto. E allora volli riprovare, perchè io dicevo tra me: «È impossibile che m’abbiano ingannato! Se tutti m’han detto a una voce che l’amore è la somma gioia e il piacere sovrano, e se io non ho potuto confermare questo giudizio, vuol dire che sono stato disgraziato, che sono capitato male; bisognerà pertanto rivolgersi altrove». E ricominciai ad amare, e poi ricominciai un’altra volta, e poi un’altra volta ancora, sempre più scontento e sempre più ansioso; perchè la distanza fra la promessa e l’ottenimento invece di scemare cresceva. Ma accadeva ancora un’altra cosa, più triste, inesplicabile e quasi diabolica: che, quando io uccidevo uno di questi amori dei quali ero troppo scontento e nauseato per cercare in un altro il paradiso aspettato, allora l’amor nuovo e attuale che doveva darmi il paradiso mi repugnava, e il vecchio, il morto, l’amore che io stesso avevo ucciso, risplendeva nella mia memoria, purificato, nobilitato, così allettante come la speranza d’amare. E questo fu ed è il maggior dolore: d’aver tanto amato senza apprezzar mai giustamente l’amore. Perchè, o giovane, l’