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Pagina:De Roberto - La Duchessa di Leyra (di Giovanni Verga), 1922.djvu/11

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la duchessa di leyra 411


— È rimasto a pigliarsela con quella gente. Non potevo condurvelo per mano, vostro marito.

Tirò su il bavero del raglan, pigliandosela per conto suo colla brezza mattutina e colla seccatura che gli capitava, e si piantò come un pascià ín mezzo al crocchio delle sue belle dame, secco, ripicchiato, arcigno, più nero del solito, di capelli e di umore — elegantissimo però, anzi il padre eterno dell’eleganza, come lo chiamavano gl’invidiosi, col castoro sulle ventitré e tanto di sigaro in bocca che faceva tossire la piccola Ardillo.

— O perché avete fatto questa levataccia, se avete il petto tanto delicato? — le disse infine, risolvendosi a buttar via l’avana.

— Oh bella, per vedere. E voi?

— Io è un altro par di maniche. Sono pagato apposta...

E continuò a brontolare, Santa Chiara.
La Badia della «Storia d'una Capinera».

(Fot. Porto)
prendendosela ora con la gente che va in giro a seccare il prossimo... — Adesso anche i Re si son messi a viaggiare! Per la venuta di Sua Maestà hanno fatto anche degli arresti, stanotte... Fra gli altri il baronello Sghémberi...

— Ah, povera Amelia!

— Zitti! Non saprà nulla ancora!...

Certo non sapeva nulla ancora la bella Sanfiorenzo, fresca come una rosa, con un abito bouton-d’or che andava meravigliosamente alla sua figura giapponese, e senza alcuna nube nel sorriso che le stampava una pozzetta nella guancia color d’ambra – dalla parte del cuore – tanto che Lascari, armato d’una cravatta irresistibile, giocava di scherma assai serrato con lei quel giorno – non si sa mai! – Ed essa rideva, rideva, povera bimba – povero Sghémberi...

– Eh, che non si metterà a piangere neppur lei... – rispose La-rocca scrollando le spalle.

— Ma perché l’hanno arrestato? Che ha fatto il baronello Sghémberi?

La principessa d’Alce fermò un momento il signor Ministro di Polizia che si faceva largo nella folla per chiederlo a lui questo perché. Egli si chinò graziosamente a prestar l’orecchio, sorrise, e rispose coll’aria più candida dei suoi begli occhi azzurri:

— Non so, cara principessa. Se ne fanno tante in nome mio!

E la piantò per correre alla scaletta d’approdo dov’era una gran ressa. Larocca sogghignò:

– Lui non fa mai nulla. Ora vo a salutare la Leyra per vedere se ne sa qualcosa lei...

– No! Non si può... Vedete! – interruppe la Limido maliziosamente.

Egli rizzò il capo come un cavallo di sangue, colse a volo il delizioso duetto senza parole che cantavano gli occhi della duchessa e di Pippo Franci, guardandosi, e lasciò ricadere la caramella con un moto del ciglio e un – Vedo! Vedo! – ch’erano un poema.

Allora nel brulichio e nel sussurro della attesa risuonò a un tratto uno squillo di tromba, acuto.

Una ventata immensa parve correre sulla folla, fino al Foro Borbonico. Le file dei soldati si fecero come corde, gli ufficiali galoppanti da un capo all’altro, i birri che menavano le mani, e le bande irruppero a suonare tutte insieme all’impazzata. Una baraonda, una confusione, senza più ordine né precedenze, il signor Comandante le armi colla spada presa nei merletti di una donna, il signor Intendente che belava – Prego!... Prego!... –sballottato di qua e di là. Don Cosimo: – Largo! Largo!

Finalmente, nel tumulto, nel pigia pigia, tra l’ondeggiare dei pennacchi e dei cappellini fioriti, apparve il chepì amaranto del Re, messo alla sgherra.

Donna Fernanda, combinazione, si era trovata in quella stretta proprio addosso a Pippo Franci – come gli si abbandonasse, molle e profumata, cogli occhi fissi in quelli di lui e le labbra secche. – Così che il poveraccio si sbiancò anch’esso in viso e chinò gli occhi d’aquila. Leí però più ardita, sempre la gran signora che era, gli disse in faccia, mentre le loro Maestà ricevevano i dovuti omaggi:

— Oh, Franci! Finalmente. Un secolo che non ci si vede!