Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/139

Da Wikisource.

storia d’un’anima 127

si ode fuorchè quella degli infimi istinti. Questo era dunque il risultato: ella che voleva far ricredere l’amante, che voleva accostarlo alla propria fede, ella stessa era ridotta a dubitare, a negare. Invece di guarire l’infermo ella stessa aveva preso il suo male; invece di mondare il caduto ella stessa erasi contaminata!

Ma poteva ella veramente a lungo rinnegare le credenze di tutta la sua vita? Nel farle dare ragione al negatore quanta parte aveva l’amara ironia? Poichè, mentre gli parlava dell’amor suo, costui adduceva scettici e cinici argomenti e prevedeva e quasi s’augurava d’esser tradito, la disgraziata doveva schernire sè stessa; ma che cosa pensava della possibilità del tradimento? Riconosceva che per una logica fatale il suo primo errore doveva essere seguito da un secondo e da un terzo; oppure si ribellava a questa logica? Qui era il problema morale, la soluzione del quale avrebbe rischiarato il mistero giudiziario.

E la curiosità del Ferpierre cresceva, l’attenzione che prestava alle confessioni della morta raddoppiavasi.

«Per una madre dover disprezzare il proprio figlio, il vivo frutto delle sue viscere, la miglior parte di sè stessa: che strazio!

«L’infelicità della vita consiste nell’idea della felicità.

«Chi segue nella morte una creatura adorata