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spasimo 289

morso impotente, d’odio mal contenuto, fece un passo innanzi levando il pugno e gridò:

— Assassino!

Il principe sostenne il suo sguardo rispondendo:

— Colpisci.

Restarono così, affrontati, un tempo che nessuno dei due potè valutare. Poi il braccio del Vérod ricadde: con voce più sorda, fremente, egli ripetè:

— Assassino!

— Sono venuto perchè facciate giustizia. Ciò che voi farete sarà giusto. Però datemi ancora ascolto un istante. Quando la vidi cadere, quando vidi il sangue suo grondare dall’orribile piaga, un urlo mi uscì dal petto. Ella viveva ancora. Visse per dirmi le sue ultime parole. Uditele: «Ho mentito, per morire... Io non potevo... Grazie... Perdono...» Queste furono le ultime parole sue. Io volli morire con lei. Avevo l’arma in mano, la rivolsi contro me stesso; ma qualcuno afferrò a un tratto il mio braccio come con una tanaglia. Alessandra mi era dinanzi: «Tu vivrai! Devi vivere! Devi salvarti!... Lasciami fare!...» Non comprendevo. Ella metteva l’arma accanto alla morta, studiava come disporla, ne traeva una cartuccia. «Si sarà uccisa, secondo aveva annunziato: tutti lo crederanno...» Già voci e rumori di passi si avvicinavano. «Intendi? Se sospettano, lascia rispondere a me; conferma in qualunque caso le