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mie risposte. Pensa al Dovere! Pensa alla Causa! Pensa a me che ti amo, che ti voglio, che ti saprò fare felice!...» Non comprendevo. Correvo a chiamare soccorso, sperando che ancora vivesse. Perchè nascondere la verità? Dire la verità era il mio primo impulso. Se non la dissi tosto, ciò fu perchè non comprendevo ancora: non udivo le domande che mi rivolgevano, rispondevo meccanicamente, come in sogno. Ebbene: quando voi ci lanciaste in faccia l’accusa, allora io mi ribellai. Tale ero, ancora. Il mio pensiero, il mio sentimento, erano governati da queste improvvise reazioni. Accusato, da voi, mi difesi. Tutto ciò che potei dire contro di me lo dissi, riconobbi d’averla spinta alla morte, ma negai l’atto estremo. Più volte nel corso degli interrogatorii fui per confessare; ma al vostro nome, alle durezze del giudice io m’impennavo. Dal bisogno di straziarmi, di morire, di espiare che mi occupava nei primi momenti, passai all’ansia della liberazione; come una fiera imprigionata non ebbi altro impeto che quello di rompere le mie catene, di correre all’aperto, di tornar padrone di me. E secondai le dichiarazioni di Alessandra senza comprenderle; e quando ella s’accusò, quando la compresi finalmente, quando vidi che si perdeva per amor mio, allora accettai il sacrifizio, naturalmente... Fummo liberi entrambi. Nel punto che fui libero, che la menzogna trionfava, io mi proposi di dire la verità. Ma tacqui ancora, perchè