Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/307

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xv. don rodrigo - padre cristoforo 301

io?» — disse don Abbondio, come se non capisse che la sua presenza era più utile altrove; ma egli faceva lo sciocco per la paura di andare su nel castello dell’Innominato.

Ma il dir che don Abbondio rappresenta il comico della volontà è dir niente; domandiamo che punto rappresenta egli nella gradazione della storia del comico. Giacché tutte le forme comiche, come le cosmiche, hanno la loro storia attraverso le età, nelle quali si vede la loro lenta formazione estetica insino a che dalle forme semplici si giunge alle forme complicate. Ed è questa una storia da farsi, è un legato che il secolo XIX lascia alle giovani generazioni. E son parecchie le forme artistiche, di cui manca la storia; per esempio la storia della donna, come il genio artistico l’ha formata; ed è così della storia del comico, che esiste solo in qualche lampo di lavori letterarii.

Il comico di don Abbondio ha fatto pure la sua strada: ed al primo sorgere è stato comico grossolano, che a poco a poco s’ingrandisce e riceve in sé l’antagonismo, le scissure; e procedendo oltre in quella scala, si trova il comico che consuma se stesso e passa nel tragico.

Pigliate ad esempio una intelligenza che abbia una volontà indecisa; ebbene quando quella si trova in azione, voi avete il comico che deriva dall’antagonismo tra l’intelligenza e la volontà: ed è questo un comico che è passato nella più profonda tragedia umana, quest’antagonismo tra la volontà e l’intelligenza che ha fatto l’Amleto dello Shakespeare ed altrettali.

Don Abbondio dunque sta all’infimo gradino della gradazione storica come concezione; esso è concezione iniziale e però è semplice, è spontanea, è sincera come tutte le forme primitive. È semplice, perché in lui non v’ha antagonismo; ci trovate scia dominante la paura, che è la chiave che spiega tutte le situazioni di quel personaggio. È spontaneo, tutto apparisce sul suo volto con tale subitaneità, ch’egli non ha la forza di assoggettare la sua paura, anche quando il calcolo e la sua intelligenza vogliono il contrario, come quando voleva ingannare Renzo, e riuscí al contrario. Vi cito un piccolo tratto per farvi vedere come Manzoni lo segue nella sua spontaneità. Quando il Bor-