Pagina:De Sanctis, Francesco – Giacomo Leopardi, 1961 – BEIC 1800379.djvu/127

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xii. 1820 - canzone al mai 121
Questa poesia è il contrapposto del Sogno. Là è la voce di oltre tomba, la voce del vero, entro cui apparisce fugace l’illusione, l’amore ad una morta. Qui è il risveglio della vita, un’ammirazione entusiastica de’ nostri maggiori, entro la quale apparisce il vero, non col ghigno di Mefístofele, che se ne rallegra, lui, nemico dell’uomo, ma con sentimento d’uomo, che se ne addolora. Questa apparizione scettica poco può incontro ad una ammirazione tradizionale degli antichi, fortificata dagli studi, e legata co’ sogni e gli amori della giovinezza. Perciò quella voce del vero esce fuori in sentenze ben tornite, come: — il nulla immoto presso la culla e su la tomba — , e il — tutto è vano altro che il duolo — , e — il vero che ci vieta il caro immaginare — : espressione di un pensiero maturato nel cervello, giá formolato, e impaziente di venir fuori alla prima occasione in quella forma astratta e generale. Ma invano vi cerchi la forma del sentimento, quella forma paurosa, dantesca, omicida, che distrugge per sempre ogni illusione, quella forma ch’egli ha trovata nel Sogno. Qui è lo sfondo del quadro, non è il quadro. Il sentimento è altrove. È in quella splendida evocazione di ombre illustri, che domina la sua immaginazione, e gli fa battere il cuore, e lo rapisce in ammirazione. Questo è il quadro; l’altro è un color fosco che attenua quelle tinte brillanti, e fa da chiaroscuro, e ti rende pensoso.

      I contemporanei, usi i più a fermarsi nelle frasi, ammirarono nella canzone la splendida forma classica, e la posero in un fascio con le altre due. I letterati ci trovarono un’aria troppo dotta. Quel po’ di erudizione intorno alla terra e a’ sogni leggiadri parve soverchia. L’intonazione piacque a’ patriotti, e quell’Alfieri che sulla scena mosse guerra a’ tiranni, fece il giro d’Italia. Quella strana guardatura del mondo così afflittiva parve ubbìa di egra immaginazione, o mezzo artificioso di rilievo, e nessuno ci badò più che tanto. Nessuno vide la serietà e la profondità di quelle ubbìe, e quanta elaborazione e che dolori ci stavano sotto. Nessuno presentì entro a quelle un nuovo germe dell’arte.

La canzone è un primo poema del mondo, così com’è visto dal giovine. È come una filosofia della storia, dove tutto è coordinato, come in uno schema. Ha perciò un carattere generale,