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i68 la poesia cavalleresca
Olimpia dorme, Bireno no, affastella i suoi panni e fugge. Per mostrare la lunghezza di questo sonno di Olimpia lo svolge in una ottava


     Il travaglio del mare e la paura.
Che tenuta alcun di l’aveano desta;
Il ritrovarsi al lito ora sicura,
Lontana da rumor nella foresta,
E che nessun pensier, nessuna cura.
Poiché il suo amante ha seco, la molesta;
Fu cagion ch’ebbe Olimpia si gran sonno
Che gli orsi e i ghiri aver maggior noi ponno.


Accanto a quest’ottava cosí lenta, vedete la precipitazione dell’amante


     Il falso amante, che i pensati inganni
Vegghiar facean, come dormir lei sente,
Pian piano esce del letto; e de’ suoi panni
Fatto un fastel, non si veste altrimente;
E lascia il padiglione; e, come i vanni
Nati gli sian, rivola alla sua gente,
E li risveglia; e senza udirsi un grido,
Fa entrar nell’alto, e abbandonare il lido.


Sentite questo incalzarsi d’e. Queste due ottave sono due capolavori.
Bireno se ne va. Succede un gemito.


     Rimase addietro il lito e la meschina
Olimpia...


Olimpia si sveglia e pensa a Bireno


Né desta né dormendo, ella la mano
Per Bireno abbracciar stese, ma invano...


Si sveglia in tutto e corre al mare. Qui viene la seconda parte della situazione. Il primo atto di Olimpia è il correre verso il lido, guardando e gridando: