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iii. pietro metastasio 20i

sioni e resistente alla stessa critica dissolvente e malevola del nostro secolo.

Gli è che quella sua oscura coscienza, quel distacco tra quello che vuol fare e quello che fa, quella poesia che non è ancora musica e non è piú poesia, è non capriccio, pregiudizio o pedanteria individuale, ma la forma stessa del suo genio e del suo tempo. Perciò non è costruzione artificiosa, come la tragedia del Gravina o il poema del Trissino, ma è composizione piena di vita, che nella sua spontaneitá produce risultati superiori all’intenzione dell’artista. Ciò che egli vi mette con intenzione e con coscienza, non è il pregio, è il difetto del lavoro, non è la sostanza, è l’accidente. E intorno a questo difetto e a questo accidente battagliavano lui e i critici.

Se vogliamo gustarlo, facciamo come il popolo. Non domandiamo cosa ha voluto fare, ma cosa ha fatto, e abbandoniamoci alla schiettezza delle nostre impressioni. Anche il critico, se vuol ben giudicare, dee abbandonarsi alla sua spontaneitá, come l’artista. E la schietta impressione di un lavoro d’arte nasce non dal suo meccanismo, e nemmeno dai concetti logici, come sarebbero la coerenza, la verisimiglianza e la ragionevolezza di un mondo poetico, ma dall’intima fusione e vivacitá de’ suoi elementi organici. In questo è la sostanzialitá di un mondo poetico; tutto l’altro è accidente, e può esser degno di lode o di biasimo, senza che ciò importi al giudizio definitivo del lavoro.

Prendiamo il primo suo dramma, la Didone abbandonata. Volea fare una tragedia. Studiò l’argomento in Virgilio e piú in Ovidio. Metastasio immaginava che fare una tragedia fosse cosa meccanica, una certa costruzione secondo certe regole, e non pensava che alla sua societá e a lui stesso mancava la stoffa, da cui può uscire una tragedia. Fare una tragedia con la Bulgarelli consigliera, con maestro Porpora direttore, con quel Sarro compositore, e col pubblico dell’Angelica e degli Orti esperidi, e in presenza della sua anima, elegiaca, idillica, melodica, impressionabile e superficiale, come il suo pubblico! Ne usci non una tragedia, che sarebbe stata una pedanteria nata-morta, ma un capolavoro, tutto caldo della vita ch’era in lui e intorno a lui, e