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iii. pietro metastasio 2i5

Vide Goldoni attaccare tutta quella sua fantasmagoria eroica, e cercare un’altra base nella natura. Vide Parini dar della scure su quella societá ch’egli aveva resa immortale. Vide Alfieri romperglile sue melodie. E giá, morto appena, la societá di cui era stato il poeta e l’idolo, crollava da tutte le parti con tanta rovina, che la nuova generazione non la comprese piú, e parve lontana di un secolo. Nuove idee, nuovi bisogni, nuove condizioni sociali. La collera contro la vecchia societá colse pure Metastasio, accusato di avere infemminito gl’italiani co’ suoi molli versi. La grande ombra di Alfieri calò sopra di lui. Pure una certa voce si facea via, ma non si osava alzarla troppo. Si dicea, cosí in pochi e quasi all’orecchio, che Metastasio era poeta nato, e Alfieri volle esser poeta, e non fu. Il segreto oggi è pubblico, e mi pare che senza taccia d’indiscrezione si possa divulgarlo. E mi pare che volendo esser giusti con Metastasio, noi possiamo rimetterlo sul suo piedistallo, e salutare in lui l’ultimo grande poeta della vecchia letteratura.