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luigi settembrini 249


Il povero maestro di rettorica voleva dare anche lui un po’ di pubblicitá al suo pensiero, e avea scritto un dramma, La moglie del Proscritto, pieno di allusioni, che dovea andare in iscena, quando il Governo gli dava la grande pubblicitá, gittandolo in prigione, per denunzia di una spia, e Napoli seppe di una grande setta scoperta a Catanzaro, e come qualmente la Giovine Italia era giá in Catanzaro, anzi in tutta Calabria.

Quale fu la vita del giovine nelle prigioni di Castelnuovo, dove stette tre anni, lo sapremo per bocca sua, quando leggeremo i suoi Ricordi. Ne usci piú maturo di studi, piú gagliardo di fibra. Era un ignoto, divenne celebre, e l’uomo che saliva e scendeva le altrui scale, insegnando e stentando la vita, era giá accerchiato dai migliori cittadini, e stimato e voluto bene da’ piú illustri, carissimo sopra tutti al marchese Puoti. In Napoli trovò, come raccontava lui, una letteratura ventosa che chiacchierava volentieri di libertá, salvo a lasciarla li nella frase, e non pensarci piú. Lui, il prigioniero di Castelnuovo, il reo di stato, stava mal volentieri in quell’Arcadia, e si fece una vita a sé, come uno stile a sé. Non fraseggiava, non lumeggiava, non periodava; andava diritto e rapido come chi ha il pugnale in mano e mira al petto e non dá tempo alla parata. Viveva concentrato, e covava una passione terribile sotto a quel suo aspetto bonario e semplice. Venne il momento, e tanta forza accumulata e compressa scoppiò, ed ebbe nome la Protesta, e fu insieme un avvenimento politico e un avvenimento letterario. Lá per la prima volta compariva quello stile nervoso di cui si era perduta la memoria, che proietta l’anima nell’atto della sua impressione, e non ti pare piú voce di un uomo, ti pare voce di popolo. Lá il prigioniero di Castelnuovo impresse sulla nemica fronte tre parole che riassumono un volume di storia: il prete, il birro, la spia. E alla breve vittoria successe lunga reazione, e vennero le carceri e gli esilii, e tutto si potè colpire, fuorché queste tre parole immortali, che marchiarono d’infamia la tirannide, e attraversarono l’oceano, e ritornarono a noi ribattezzate col nome di negazione di Dio.

Il Settembrini non poteva essere perdonato. Molti fuggirono.