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Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/338

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332 appendice


Io ho confutato ambedue le scuole. Il bello non si deve risolvere nell’astratto, né deve essere una imitazione della vita reale. Ma deve trasfigurarla e realizzarla. Insomma non deve essere né il pensiero astratto, né il reale astratto. Confutazione di fatto di queste due scuole è l’Inferno di Dante. Non può spiegarlo la dottrina classica; resiste alle sue dottrine, perché tutto è brutto e deve essere; il bello sarebbe un controsenso: perché è il regno della giustizia di Dio, e la punizione deve essere imagine dell’anima colpevole.

D’altra parte come il romantico può spiegarlo coll’elemento reale, coll’avvicendamento di gioia e dolore? Dove la vita è rappresentata da un lato solo non vi è inferno e paradiso mescolato insieme, ma solo male, brutto, orrore. Quando il fatto è evidente, la teoria si piega, si modifica, finché il fatto, sopravanzando l’angustia del sistema, si allarga, poi sparisce per sollevarsi ad un piú alto. In che modo hanno cercato di allargarsi ed uscire dal rigore del loro sistema? L’inferno non è giá fatto isolato...1. Egli si va esplicando in Petrarca, Boccaccio, Cervantes, Lope de Vega, Calderon: quindi dopo un interrompimento di alcuni anni rivive nei romantici del XIX [secolo] in Byron, Leopardi, Goethe, Victor Hugo, finché, acquistando la coscienza di sé, appare in Mefistofele, che è incarnazione del brutto che si pone come brutto.

Due opinioni sono correnti ed universali; l’una delle quali è modificazione della dottrina classica, l’altra della romantica. L’una dice: il brutto è nell’arte, non si nega; ma cessa di essere tale nel bello artistico per la bellezza di sua rappresentazione. Questa viene a ricadere nella dottrina giá nota: lo stile è la veste, l’ornamento del pensiero: essa crede di potere abbellire e quindi fare amare il brutto: sarebbe come prendere una scimmia e coprirla d’un manto di porpora: prendere la schifosa Gabrina d’Ariosto, e vestirla degli abiti sontuosi di Isabella. Ornate pure e diviene piú brutto. Questo non può certo applicarsi a Dante, che non dissimula né orna il brutto, ma lo mostra; egli, avvezzo



  1. Ho tralasciato il resto del periodo che riesce oscuro.