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beatrice 69


A poco a poco di lei non ci rimane che alcuna parte sola del corpo: il riso, lo sguardo, il suono della voce. Indi ti ondeggia e ti fluttua dinanzi, apparisce e sparisce; poi l’immagine muore nella nostra memoria: ma di tratto in tratto la vista di un cielo azzurro, il roco mormorare di chete acque, l’improvvisa presenza di una leggiadra fanciulla, una casa, una veste, un fiore, qualsiasi cosa che abbia avuto con lei attinenza te la suscita un’altra volta, e tu vedi ricomparirti davanti quel riso, quegli occhi e quella voce.

Gittati in nuovi indirizzi, signoreggiati da nuovi afletti, attratti da nuovi spettacoli, l’amata immagine a lungo andare non è piú quella, sfigurata e mescolata con altre immagini, e le impressioni passate si confondono con le impressioni presenti.

Tale è la storia del corpo. E l’idea? che cosa diviene l’ideale che abbiamo in lei collocato? Se noi non abbiamo virtú di scorporarlo, se in lei è morta tutta intera la nostra anima, se l’universo privo di lei è per noi vacuo o nullo, la nostra vita sará una lunga agonia, senza affetti e senza speranze, quando non vogliamo piuttosto imitare Werther e seguitarlo. Ma se la nostra anima è ancora ricca e possente, se noi sentiamo ancor forza di vivere, quell’ideale che ivi rinchiudemmo noi sapremo svincolamelo e, divenuto libero, sapremo dargli nuove determinazioni e nuove condizioni.

Ci ha nel mondo quattro o cinque parole motrici di civiltá, che trovi di continuo ripetute nelle sanguinose storie del genere umano: religione, scienza, libertá, patria, umanitá. Concetti astratti ed inerti, che allora operano efficacemente, quando s’impossessano di tutta la tua anima, divenuti immagini e sentimenti.

Quando per avventura ti abbatti in una di queste idee e ti accendi di amore per essa e ne fai come il faro o la stella guidatrice del tuo avvenire, tu la vedi questa idea, la vedi come lo scultore che le dá forma di bellissima donna, e tu l’ami con quello stesso ardore, con quello stesso abbandono di te col quale hai amato una donna.