Pagina:De Sanctis, Francesco – Lezioni sulla Divina Commedia, 1955 – BEIC 1801853.djvu/90

Da Wikisource.

Lezione XIII

COME DANTE HA TRASFORMATO IL BRUTTO?


Perché la teoria del brutto riescisse chiara e sensibile, io mi rivolsi alla vostra impressione, e presentai in casi successivi le diverse forme in cui l’arte trionfa del brutto. Da prima io presentava il brutto simbolico, quello che si riferisce ad un concetto estrinseco: come l’aquila a due teste. Questo è il primo grado non compiuto di sua trasfigurazione: in questa il brutto non è pienamente domato: perché spento il concetto rimane il brutto nella sua integritá. Cosi la statua di Memnone, quando tramonta il sole che la rende sonora, non rimane che nuda pietra insensibile. Onde lo stesso oggetto che ad altri è sacro fa ridere colui che non vi scorge l’idea, in tale caso si ama l’idea che abbiamo collocata nell’oggetto, la memoria dell’amico a che appartenne, il Dio che vi è figurato, la patria di cui è insegna e colore. La materia non è che un aggregato di parti discordi e repugnanti, in cui è posta l’essenza negativa del brutto. Ma la cosa non è piú cosí, quando nel corpo brutto è vivo ed immanente il concetto: quando materia e forma hanno una vita inseparabile, e non si spegne il concetto che colla forma. La malizia, il carattere, la passione fanno che il brutto salga di grado in grado dal grazioso comico, dall’altezza del sublime fino al gentile del bello. Il Sancio Pancia, il Riccardo di Shakespeare, la Saffo di Leopardi sono i tre modelli di queste trasfigurazioni del brutto. Questi tre casi analitici non sono che