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sionale, splendore ed eleganza di forme, facilitá e magistero di verso, questo è piú che non richiede la critica classica per porre in cielo una poesia. — Concetto unico gradevolmente variato!

— Poco le importa se quel concetto sia poetico, e se quella varietá sia varietá del concetto, o un’amplificazione esteriore.

— Giusta proporzione tra le parti! — E non si domanda, se quella proporzione è una misura artificiale e sistematica, o uno sviluppo spontaneo ed organico dell’argomento. — Felice introduzione e piú felice ritorno! — Ciò mi ricorda il collegio d’infausta memoria. Chi di noi non ha sudato a queste introduzioni e a questi ritorni? Basta vi sieno: la critica non esamina, se questi passaggi siano appicchi di parole e concetti ingegnosi, o se piuttosto naturale trapasso dettato dalla natura della cosa.

— Splendore ed eleganza di forme! — E non si chiede piú oltre, e si batte le mani, ancora se quello splendore e quella eleganza sia in grottesco contrasto con la povertá e trivialitá dei concetti.

— Facilitá e magistero di verso! — Qualitá lodatissima del Monti, e in questa poesia spiccatissima: versi liquidi, sonanti, imitativi. La melodia è in lui divenuta maniera; e ciò che i grandi poeti si permettono solo nelle grandi occasioni, qui soprabbonda, e però non fa effetto. Com’è visibile l’artifízio in questi versi!

               .  .  .  .  .  .  Ove i destrieri
Fiamma spiranti dalle nari? Ahi misero!
In un immenso, inanimato, immobile
Globo di foco ti cangiar le nuove
Poetiche dottrine, ecc.
E in questi altri!
Balza atterrito, squarciata temendo.
Ombra del grand’Ettore, ombra del caro
D’Achille amico, fuggite, fuggite.

Quegli sdruccioli, questi endecasillabi che simulano l’impeto del decasillabo, rivelano un soverchio studio di armonia