Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/189

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«sulla mitologia» sermone di v. monti i83

imitatrice, l’anima raccolta tutta ed obliata nell’orecchio. Nessuno al pari del Monti ha avuto un orecchio cosí musicale; e questa critica non si ricorda che la dolcezza del verso deve sentirsi non nell’orecchio, ma nell’anima.

Tale è questa critica, che anche oggi s’insegna nelle scuole e nei giornali, e contro di cui si sta apparecchiando ima reazione salutare. Critica dannosissima, non perché partorisce falsi giudizi intorno alle lettere, che è minor male; ma perché, richiamando l’attenzione intorno a qualitá puramente esteriori ed accidentali, svia e debilita l’ingegno.

Ecco in che modo va esaminato il lavoro del Monti.

Non avendo compresa l’importanza del movimento letterario, che gli tumultuava intorno, e che doveva produrre Manzoni, Berchet e Giusti, il Monti non vede in tutto questo che la morte degli Dei, e non si accorge che essi erano morti da un pezzo. Ove potesse rimanerne alcun dubbio, lo toglierebbe la sua poesia. Il Monti affastella tutte le divinitá, l’una in coda dell’altra, e con diversi artifizi fa capolino in Olimpo due e tre e quattro volte, e ciascuna volta ci gitta innanzi all’occhio nuovi nomi. A che moltiplicare in tante citazioni? Non ce ne ha un solo vivificato dalla sua fantasia: è una processione di frati, che tu hai veduto le cento volte, e che guardi distrattamente, nominando tra gli sbadigli il cappuccio e la sottana e le fibbie. È un repertorio di reminiscenze: una Pompei della mitologia, ma senza l’ammirazione commossa, che accompagna le grandi memorie. Fate largo: passa Amore con l’arco e la faretra, Imeneo con la face, Citerea col cinto, e le Grazie ridenti, e Apollo re de’ carmi e la saltante Driade, e l’innocente Naiade, e Dafne e Siringa e Mirra. Che cosa sono? Meri nomi, ciascuno col suo epiteto convenzionale, col suo cappuccio, le sue fibbie e la sua sottana, senza che nessuno risvegli in te una immagine o un sentimento. Nettuno, Giove e Pluto gli ricordano tre «pensieri» sublimi dell’antichitá ed egli li riproduce in frasi sonore. Ohimè! La sua fantasia non è sublimata da quel sublime; Omero è semplice, perché vede e sente; Monti è freddamente magnifico, perché ricorda, indifferente in mezzo a ricchezze, che egli non si ha