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versioni e comenti di liriche tedesche | 209 |
dine un ordine ammirabile. Pone quindi il problema con grande chiarezza; e, nel risolverlo, si allarga il suo orizzonte: dall’armonia della danza passa all’armonia dell’universo e si innalza ad un vero entusiasmo poetico. Sono grandi pregi; nondimeno questa poesia, superiore alle comuni, è al di sotto di Schiller: tanto sono insufficienti queste bellezze secondarie, nelle quali una critica volgare pone l’essenza dell’arte.
3. — «L’ultimo addio»
versione e giudizio di una poesia di Goethe
Ahi! la mia bocca è muta, e gli occhi soli | ||
A te dicono addio. | ||
Quanto, ahi quanto mi è duro il sostenerlo! | ||
Eppure un uom son io! | ||
Tristo è il pensiero del tuo dolce amore, | ||
Or ch’io men vo lontano, | ||
E freddo il bacio del tuo labbro, e stanca | ||
La man stringe la mano. | ||
Una volta quando io ti stavo accanto. | ||
Qual dolcezza sentia! | ||
Cosi mi rallegrava una viola, | ||
Che la prima fioria. | ||
E nessun fiore piú mi riconforta, | ||
E piú nessuna rosa. | ||
Primavera giá ride, o mia diletta. | ||
Sol per me dolorosa. |
È una poesia delicatissima, che risponde a tutte le condizioni dell’arte. E poiché oggi non mancano critici e poeti, che poco pregiano le bellezze gentili e semplici e le tengono freddure, mi ci voglio intrattenere alquanto.
È nota la scuola del Conciliatore: i critici novatori volevano che gli scrittori fossero «cormentali»; brutta parola, e, giustamente, messa in obblio. In opposizione ad una poesia di frasi, volevano che lo scrittore ponesse nel suo lavoro tutta la