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stesso reale, la stessa creazione spogliata di ogni sua parte terrea, e fatta un velo trasparente dell’anima o della sua idea informativa. Una volta l’artista ubbidiva a questa «certa idea» senza averne piú che un sentore confuso; oggi affisa in lei lo sguardo, la considera in sé stessa e ne fa obbietto di meditazione; prima era acceso da entusiasmo, da’ sacri estri, e vagheggiava la bellezza; oggi fa poesie sulla bellezza, l’amore, l’entusiasmo, il genio, la fantasia, ecc. È il poeta che ripiega lo sguardo in sé stesso e si analizza e si piega, fattosi critico e filosofo.

È inutile mover lamenti sullo stato dell’arte e voler questo o quello; la scienza si è infiltrata nella poesia, né la si può discacciare, perché ciò risponde alle presenti condizioni dello spirito umano. Noi non possiamo volger lo sguardo a nessuna cosa si bella, che tosto fra la nostra ammirazione non s’introduca di soppiatto un: — È ragionevole? — , ed eccoci a vele gonfie in mezzo alla critica ed alla scienza. Vogliamo non solo godere, ma esser conscii del nostro godimento; non solo sentire, ma intendere. La schietta poesia è oggi tanto impossibile quanto la schietta fede; che, come non possiamo parlare di religione, senza sentirci assediati da un molestissimo:— E se non fosse vero?— , cosí non sentiamo senza filosofare su’ nostri sentimenti, non vediamo senza spiegare la nostra visione. Tale è il fatto: che giova ricalcitrare? Quelli che l’hanno con Goethe, Schiller, Byron, Leopardi, perché fanno, com’essi dicono, della «metafisica in versi», mi hanno l’aria di quei preti, che s’incolleriscono contro la filosofia o la ragione, e ripetono a coro: — Fede, fede. — Ohimè! la fede se ne è ita; la poesia è morta. O per dir meglio, la fede e la poesia sono immortali: ciò che è ito via è una particolare loro maniera di essere. La fede oggi spunta dalla convinzione, la poesia scintilla dalla meditazione: non sono morte, sono trasformate. La fede non può piú rigettare l’elemento razionale: dee appropriarselo e sottoporselo; dee essere non piú il «cieco» fato pagano, ma la provvidenza «intelligente» dei cristiani. La poesia, poiché ella non può fare che il pensiero non le si affacci dinanzi, dee lavorarlo, trasfigurarlo, incorporarselo. La sola quistione seria che dunque rimane in estetica è di determinare fino