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«alla sua donna» poesia di g. leopardi 235
                                         Mancano, il sento, all’anima
Alta, gentile e pura,
Il fato e la natura,
Il mondo e la beltá.
     Ma se tu vivi, o misero,
Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
Chi lo spirar mi dá.
                              


Rari intervalli! Il piú spesso quelle immagini vaniscono innanzi alla «vista impura dell’infausta veritá» ed il poeta rimane solo e desolato «col suo pensiero», col suo scetticismo. Questo sentimento di sconforto, che domina nelle sue poesie, si manifesta in diverse forme; ora vivace dolore, ora dolce mestizia, ora ultima disperazione, ora ironica calma. Per ben giudicare di una poesia del Leopardi è necessario avere non solo il concetto generale della sua lirica, ma la situazione speciale nella quale questo concetto s’incarna, questa unitá si differenzia, questo ideale si realizza.

Il suo ideale è una donna. La vede egli? La vagheggia? Se cosí fosse, avremmo la stessa situazione del Risorgimento. Questa donna non è reale, è vero; ma che importa? egli può figurarsela alla fantasia, può vivere di poesia ed è contento. Ma no: è giá tempo ch’ella gli nasconde il suo viso, apparendogli solo alcuna volta nel sonno o nel riso de’ campi, immagine fuggevole. È in lui morta ogni speranza non pur di vederla viva, ma di contemplarla in ispirito; gli viene meno la realtá e la poesia. A Schiller rimane pure alcuna consolazione; il dolore del Leopardi è senza conforto. Pure, finché il dolore può sgorgare con impeto dall.’animo infiammato, questa virtú del pianto e delle querele rivela un cuore ancor vivo.

                                         Pur di quel pianto origine
Era l’antico affetto;
Nell’intimo del petto
Ancor viveva il cor.