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«beatrice cenci» di guerrazzi 29

dotto. Quando al veder la figliuola puntargli la spada sul petto, il padre se ne accende di voglia, egli concepisce tale disegno, che «il Demonio, se si fosse affacciato a vedere lo inferno della sua anima, avrebbe volto altrove impaurito la faccia». E conchiude: «E tu pure piegherai, o ti stritolerò ad un punto anima ed ossa». Il romanzo non può e non deve essere altro che il vario svolgersi di questo disegno e le collisioni e l’intreccio e l’ultima fine a cui mena. Oibò! L’autore non se ne ricorda in tutto il romanzo che tre volte solamente, e gli spazii di mezzo riempie di fatti accessorii; né poteva essere altrimenti, ché, non osando di svolgere il fatto principale in tutta la sua ricchezza interiore, non rimanevagli altro partito che divertire a dritta ed a manca in accidenti secondarii. Ed è da questi accidenti che scoppia tutte e tre le volte il fatto principale senza che vi sia sentore di alcun disegno preconcetto. Onde nasce quel non so che di scucito che si sente nell’orditura del racconto, non si sapendo bene dove si va e a che si tende, insino a che dopo la morte del conte la situazione si raddrizza, e Beatrice posta sul piedistallo attira a sé tutti gli sguardi.

La situazione è qui dunque inestetica, ovvero incapace di rappresentazione, implicata e ravvolta entro di sé, costretto com’è l’autore di mostrare i nudi fatti esteriori, senza che gli dia l’animo di rivelare i sentimenti e i pensieri, che sono i motivi interni di quelli. A questo difetto di subbiettivitá che nasce dalla natura dell’argomento, si debbono aggiugnere i difetti proprii dell’autore. Il Guerrazzi non ha un ingegno artistico. Osservatore superficiale, acuto senza esser profondo, a lui manca il senso pratico, il senso del reale, cosí egregio nel Manzoni. Egli non vede le cose, che nella loro materiale apparenza; e, quando vuole innalzarsi all’ideale, riesce nel mostruoso, cumulando sul capo di un solo personaggio diverse qualitá superlative piuttosto accozzate, che fuse insieme. Quindi i suoi personaggi principali sono veri mostri nel senso latino della parola, come Beatrice e Francesco Cenci, e Luciani e Clemente, concezioni fredde ed astratte, costruzioni artificiose, che di rado hanno in sé alcun contrasto, alcun chiaroscuro. Questo difetto di spontaneitá e di