Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/36

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movimento si sente pure ne’ personaggi secondari, tutti di un pezzo, fatture grossolane e meccaniche, parto della riflessione anzi che del sentimento. Che stupendi caratteri avrebbero potuto essere Virgilio e Lucrezia e Giacomo e Luisa e Guerra e Marzio e Alessandro e sopratutto Virginia! Essi sono egregiamente concepiti: ma il concepire è poca cosa nell’arte e la rappresentazione è il tutto. Che un carattere debba essere cosí o cosí, è uffizio del critico, ma il farlo cosí o cosí è proprio del poeta. Scegliamo ad esempio uno de’ personaggi, intorno a cui il Guerrazzi si è piú travagliato, Francesco Cenci; noi potremo agevolmente scorgere da quest’uno la sua maniera di concepire e rappresentare. Francesco Cenci ha in sé del sangue latino; è una tempera d’uomo straordinaria. Dotato di una forte volontá, d’ingegno vivace, dí varia erudizione e dottrina, e vago di fare impressione sugli uomini, ei si rivolge dapprima al bene. Ma i tempi pessimi ne lo ritraggono, e dirizzando verso il male le forze del suo animo, sparge tutto intorno la fama ed il terrore di sé. Ne’ vecchi anni anche di questo vien sazio, e tu lo vedi ir cercando nel delitto un raffinamento che vellichi il suo senso ottuso. Egli misfá senza violenza, senza passione, per consuetudine, per libidine, per passatempo di gran signore annoiato, e si frega le mani e si dimena all’impazzata, allorché gli vien fatta alcuna cosa non dico di cattivo, ma di piccante, di straordinario: lo diresti l’artista del male. Questo carattere è mirabilmente poetico, quando tu me lo comprendi nella sua totalitá, e vi trovi tanta ricchezza di situazioni, tanta profonditá ne’ passaggi e nelle gradazioni che puoi facilmente alzarlo all’altezza di un esemplare, dal quale traluca una delle facce della vita umana. E poetico è ancora questo carattere, allorché tu me lo cogli nell’istante del passaggio, quando il Cenci sdrucciola la prima volta nel male, disgustato e ristucco del bene, situazione maravigliosamente bella, o quando fa del male un’arte e lo conduce sino alla stravaganza del grottesco. Ma quanto è di poesia in questo carattere è giá passato: e noi ci abbattiamo in Francesco Cenci, proprio allora che è divenuto affatto prosaico. Quando lo vediamo, entrato appena in iscena, sciorinar bestem-