Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/38

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32 saggi critici

simo come vedete, il Cenci dopo aver fatto il gradasso con un Cristo di legno, recita alla figliuola attonita una filastrocca di bestemmie in forma di sentenze, che sembrano appiccate insieme ed imparate a memoria; e, quando crede di aver fatto impressione, compie una predica filosofica con alcune dolcezze arcadiche: «Beatrice, te sola amo... tu sei lo splendore della mia vita... te...» e senz’altre cerimonie le si accosta per abbracciarla. Ma che vuole questo vecchio pazzo? Crede egli che le sue parole possano altro, che crescer l’orrore e lo schifo e il puzzo che gitta di sé? Beatrice dá indietro inorridita; pure il vecchio non cede, e si riserba una seconda predica per un’altra volta; infino a che per disperato ama meglio a fare con Beatrice dormente. Ma mi pento di aver potuto parlar ridendo di queste infamie, colpa del Guerrazzi che ha saputo ornarle di ridicolo. E in veritá il conte Cenci desterebbe il riso, se non destasse un supremo disgusto.

Nondimeno in questo carattere, cosí com’è concepito, vi è pure un lato di altissima poesia. È un uomo che si pone al di sopra dell’umanitá, che si getta sotto a’ piedi tutto ciò che è piú venerato, che ha innalzato la sua malvagitá a sapienza filosofica, che dalla sua altezza di scellerato guarda con compassione e disprezzo, dal Papa in giú, tutto il genere umano; le sue parole sono scherni, il suo riso satanico. Certo qui vi è tutta la grandezza, tutta la veritá del Mefistofele: il Don Giovanni è un frammento di questo carattere. Ma ecco la differenza. Il Don Giovanni è un tipo immortale che ha un profondo significato nell’arte moderna, uscito com’è tutto vivo dall’intimo stesso della societá. Il conte Cenci è una concezione abortita per manco di calore, è una idea che non giunge mai ad incorporarsi, una idea nobile e profonda che trapela qua e lá disotto alla rappresentazione tutta rimpiccinita e goffa e plebea. Lo scherno del Cenci è triviale, grossolano, senza significato, puro sfogo di bile; laddove lo scherno del Mefistofele coglie sempre nel vivo alcun lato della vita. L’ironia dell’uno procede troppo alla svelata, pende spesso nel declamatorio, si continua tropp’oltre, ed è frastagliata di bestemmie e d’invettive che troncano il