Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/39

Da Wikisource.

«beatrice cenci» di guerrazzi 33

riso; l’ironia dell’altro è leggera e quasi sfumata nella forma, ma cosí seria ed incisiva nel suo significato, che ti fa crollare il capo e meditare. Quello che manca al Guerrazzi non è tanto la concezione quanto la rappresentazione. Egli non ha l’intuizione immediata e diretta del fantasma, e non vi si affisa e non se ne innamora; di rado lo coglie mobile e vivo, di rado la metafora scintilla spontanea dal di dentro della visione poetica. Onde, in luogo della schietta e limpida esposizione omerica, tu lo vedi correr di cosa in cosa, cercar rapporti lontani, ed uscir fuori con comparazioni e metafore sbrigliate e strane, che sorprendono senza illuminare. Niente di natio e di semplice; il Guerrazzi è come un parassito sazio e di cattivo gusto, a cui il cibo non sa piú, se non sopraccarico di spezie e di aromi che diletichino il suo palato; le cose piú comuni e volgari egli studiasi di esprimerle in forma inconsueta e peregrina: mostri sono le sue concezioni, mostro il suo stile. La sua mente è si mobile, che talora gli avviene di dimenticarsi affatto del fantasma e di correr dietro all’altra cosa cui lo rassomiglia. Ecco in che modo descrive il tramonto del sole. «Le vette de’ campanili, le cime de’ monti, le nuvole lontane pareva si affaticassero a ritenere un palpito di raggio, in quella guisa stessa che i cari parenti da balcone da loggia o da colle sventolano al pellegrino che si allontana un panno bianco, finché la sua forma non si confonda colla bruma della sera... Oh Dio! Egli è presso a sparire; gli occhi della madre, offuscati dalle lagrime, non lo distinguono piú; ella se le asciuga col velo per rimirarlo ancora; adesso ella li tende piú alacri che mai... ahimè! il suo figliuolo è sparito — quando lo rivedrá?» Voi vedete che il Guerrazzi preso da improvvisa tenerezza tien dietro con l’occhio al pellegrino, ed ha dimenticato quel povero raggio, il «palpito» di quel povero raggio. Il vero poeta è signoreggiato dai fantasmi ch’egli evoca e vive nel mondo della sua fantasia; ma il nostro scrittore distratto ed indocile non ci sa stare, e sembra un uomo preoccupato, il cui orecchio riceve i rumori vaghi delle voci intorno, ma il cui animo è altrove. Il racconto non gli pare altra cosa che una bella occasione per cacciar fuori tutto quello che gli brulica nel cer-

     2 —
De Sanctis, Saggi critici.-i