Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/42

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più prosaica realtá: onde il raffinato, l’acuto, l’eccessivo, il mirabile monstrum del suo stile, con che ei s’industria di dare novitá al vieto e splendore alla ruggine. Prendiamo ad esempio la descrizione ch’ei fa della bellezza di Beatrice. «Bellezza divina», «angelica», «celeste» sono ormai luoghi comuni; il Guerrazzi s’ingegna di trovar qualcosa di nuovo; e che trova? «Era bella come il pensiero di Dio, quando mosse innamorato a creare la madre de’ viventi; — era cara quanto i suoi ricordi.» Che cosa vedea l’autore quando scrivea cosí? Egli non vedea nulla, né Beatrice, né «il pensiero di Dio». E noi non vediamo nulla. Ci sta dinanzi un’astrazione filosofica, anzi che una visione poetica. Egli ha diviso da Dio il suo pensiero e ne ha fatto un essere; rimane a dargli una faccia Noi immaginiamo piú o meno il Cristo, lo Spirito Santo, il Padre eterno; chi mai ha immaginato il «pensiero di Dio»? «Cara quanto i suoi ricordi»; che cosa sono «i ricordi» del «pensiero di Dio» o della «madre de’ viventi»? Gli antichi aveano legioni d’iddii e di dee per dare un’immagine ideale della bellezza, ciascuno con la sua faccia, co’ suoi attributi, con la sua storia; noi abbiamo l’angelo e Dio, e il paradiso e il cielo e il sole; ma tutto questo è rancio pel Guerrazzi, ed ei mi trova «il pensiero di Dio»; il qual raffinamento di stile voi non potete causare, quando vi ostinate a rimanere in un mondo poetico inaridito. Cosi la bocca sinora si è rassomigliata alla rosa, il fiore prediletto de’ poeti, e «rosee guance», «labbra rosate» sono modi scesi ornai fino nelle conversazioni volgari. Come si fa dunque? Rappresentatemi il fantasma come lo vedete con la vostra fantasia, o descrivetemi l’impressione che produce sopra di voi: in questa guisa voi canserete sempre il vieto ed il comune. Ma no. Il Guerrazzi vuol farmi assolutamente un paragone, e rassomiglia la bocca non piú alla rosa, ma «ad un fiore testé colto in paradiso, tutto fragrante di divinitá»! Che cosa è egli questo fiore? E noi rispondiamo: — Deve essere qualche cosa di bellissimo: — ora il «deve essere» è un semplice giudizio della mente, che non ha in sé niente di estetico. Il fiore di paradiso non è, come la rosa, un obbietto determinato e chiaro, ma un non so che; e se giun-