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«L’EBREO DI VERONA»

del padre Bresciani1.


Vedi lá un accorrer di popolo, un interrogarsi ansioso, e gruppi e capannelli per le vie, e voci concitate, minacce, bestemmie, invettive, applausi, un baccano, un finimondo, «un inferno», come direbbe il padre Bresciani. Che è questo? È la rivoluzione, ti dice l’uom della plebe. In uno di quei giorni tumultuosi, che non si possono dimenticare, io mi avvenni in un popolano che gridava a piena gola: — Viva Gioberti! — E chi è questo Gioberti? — dimandai io, soffermandomi d’improvviso. — Gioberti? — ripetè il buon uomo, spalancando tanto di occhi e fermandosi a sua volta. — Eh! è colui che ha fatto tutto questo, — soggiunse ammiccando e chinandomisi all’orecchio, con quel timido atto di servitú non ancora potuto smettere. E cosí è. L’uomo della plebe non va di lá dei suoi occhi e dei suoi orecchi; e quando chiedi una spiegazione di quello che pare di fuori, ignaro com’è delle forze naturali e spirituali che muovono il mondo, e vedendo sotto di ogni cosa una mano d’uomo, di cui si fa un Iddio, il popolano ti dirá: — Tutto questo lo ha fatto’ Gioberti. — Chi è che tuona? — È Giove, —

  1. Questo libro si ristampa ora in Torino con una lettera dell’autore ai suoi amici torinesi, e però abbiamo creduto opportuno di darne un giudizio. L’edizione citata è quella di Torino, i85i.