Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. I, 1952 – BEIC 1803461.djvu/52

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46 saggi critici

E noi risponderemo a nostra volta: — Una rivoluzione si generale, una rivoluzione europea non l’hanno fatta le societá segrete, le quali sarebbero spente da un pezzo, dopo tanta rabbia di persecuzione, se non avessero la loro ragion d’essere nella natura delle cose. La rivoluzione l’ha fatta la decrepitezza delle vostre istituzioni rimase pura forma, da cui è partito lo spirito. L’ha fatta la liberta, tanto possente sugli animi, che voi, maledicendo alla cosa, vi appropriate la parola e chiamate voi liberali, gratificando noi del titolo di libertini. L’ha fatta la coscienza ridesta di un popolo che voi vi siete forzati di scindere senza poter cancellare il sentimento della sua unitá: sono le membra straziate di un corpo non ancora morto, che sentono ancora il dolore e tendono a ricongiungersi. Ma non è questa la vostra opinione. La rivoluzione l’ha fatta, secondo che pare a voi, l’irreligione, il dispregio de’ príncipi e de’ trattati, la falsa libertá; ella non ha in sé niente di positivo: è una negazione come scienza, un’anarchia come fatto.

Sia pure. Io non voglio discutere con voi né della veritá de’ vostri principii, né della veritá de’ vostri fatti: è cosa giudicata da un pezzo: il vostro racconto è famoso per l’impudenza e sciocchezza delle menzogne; quando voi v’interrompete a volta a volta, gridando al lettore: — questa non è poesia, ma storia: credetemi; io dico la veritá; — mi avete proprio l’aria del bugiardo, che ti sfodera ad ogni tratto un giuramento. Io dunque non vi dirò che il vostro libro è una cattiv’azione, una vile azione; non voglio considerare in voi né l’uomo religioso, né il cittadino, né l’uomo dabbene; considero lo scrittore. Sia la reazione, sia la rivoluzione quello che voi pretendete: in che modo me le avete rappresentate? —

Chi ha fatto la reazione? La religione, la fedeltá, la vera libertá. Con questi nobilissimi fattori si possono bene accompagnare gl’interessi e le passioni; poiché, avendosi a fare con uomini, non vi è partito tanto puro, che possa cansare affatto questa ignobile mescolanza. Ma il Bresciani, scrittore classico, intende a fare un ritratto tipico, di una perfezione ideale. Niente nella reazione esser dee di terreno: la è cosa tutta celeste. Da