Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/194

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vi entra dentro, portandosi appresso i due mondi del volgo, il mondo reale e concreto, ed il mondo delle poetiche e delle rettoriche, e vi applica quelle forme e quelle regole, e giudica. Qual maraviglia che non abbia compresa la parentela dell’Ariosto con Dante e Shakespeare, un uomo, che si tira dietro una poetica da scuola, ti esce fuori con l’invenzione, la verosimiglianza, la veritá storica, la perfezione de’ caratteri, l’eleganza, l’armonia, la moralitá, la decenza, il patriottismo, l’astronomia e la cosmogonia?

In un impeto di sublime indignazione egli dice : — L’Ariosto ha prodotto piú danno che l’Italia non sospetti — . Io credo si possa con piú ragione dir del suo libro che esso produrrá piú danno che non paia; confermando la gioventú studiosa in antichi e nuovi pregiudizi, ed avvezzandola a giudizii arroganti e presuntuosi, al disprezzo de’ nostri sommi, a quella mezza e superficiale dottrina, che è peggiore dell’ignoranza.

[Nei « Rendiconti della R. Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli », i865, pp. i39-55, nella tornata del i7 settembre.]