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l’ultimo de’ puristi | 22i |
Puoti parlava con poca stima del nobile o del prete, come di gente ignorante e oziosa; il peccato non era il nascer patrizio o il divenir prete; era l’ignoranza: mai forse non era salito si alto il rispetto verso l’ingegno e la stima del sapere. L’impulso fu cosí vivo che tirò seco anche il re, vago di popolaritá a buon mercato e disposto, come certi antichi tirannelli, a darsi aria di protettore ed amico degli uomini di lettere. Cosi entrarono nell’amministrazione pubblica il marchese di Pietracatella e il marchese Santangelo, uomini colti, e al rozzo Colangelo succedeva monsignor Mazzetti, pieno il capo di riforme e miglioramenti, e fu illustrata l’Universitá da Galluppi e Nicolini, acclamatissimi, e il Puoti fu nominato ispettore degli studi nel Collegio militare. Re Ferdinando fece agli scienziati italiani congregati in Napoli cosí bete e carezzevoli accoglienze, che fé’ girare il capo all’Orioli, il quale, cominciato tribuno con la celebre frase che «il progresso, come il sole, indora prima le cime», accolta con cosí vive acclamazioni dagli studenti napolitani, fini cortigiano col non meno celebre epiteto di «Giove» regalato al re di Napoli.
Questa fu la prima battaglia della nuova generazione contro il passato, in nome del progresso, della civiltá, della coltura, e la battaglia fu vinta senza cospirazioni e senza violenze, per la sola forza della pubblica opinione.
Di questa prima campagna il protagonista fu Basilio Puoti, tanto pili potente, quanto meno consapevole. La sua passione per le lettere e per l’insegnamento era tale che riempiva tutta la vita e non gli lasciava luogo ad altro. Il marchese del Carretto soleva ridere di questo pedante del marchese Puoti. Un altro marchese, ministro dell’interno, Santangelo, si degnava esprimergli la sua benevolenza, e il principe di Satriano, Filangieri, compiacevasi di proteggerlo. La sua famiglia era nota per antica devozione al trono. Molte erano le sue aderenze co’ principali funzionarii e con le famiglie patrizie della cittá. D’altra parte lo si sapeva tutto immerso negli studi della lingua, ed estraneo affatto alle cose politiche. La sua scuola era dunque considerata passatempo innocentissimo, e lo si lasciava fare e