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254 | saggi critici |
Per più fiate gli occhi ci sospinse Quella lettura, e scolorocci il viso. |
Ma solo un punto fu quel che ci vinse. |
E non è vero; è una naturale illusione piena di veritá in cui cade Francesca; essi furono vinti a poco a poco; ed il giovine cade quando innanzi alla infiammata fantasia si presenta l’obbietto desiato, «argomento di sogno e di sospiro», non la bocca, no, e neppure la bocca ridente, come i comentatori spiegano, ma il riso, che è l’espressione, la poesia, il sentimento della bocca, qualche cosa d’incorporale che si vede errar fra le labbra e come staccato da esse che tu puoi vedere, ma non puoi toccare.
Quando Francesca è vinta, quando il peccato ch’era giá nell’anima si rivela, nel punto stesso del bacio, anzi prima ancora che il peccato le esca di bocca, tra «questi» e la «bocca mi baciò», tra l’amante e il peccato si gitta in mezzo l’inferno, e il «tempo felice» si congiunge con la «miseria», e quel momento d’oblio, il peccato, non si cancella più, diviene l’eternità.
Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca mi baciò . . . . . . |
Che cosa è questo? È gioia, è dolore? E gioia ed è dolore, è amore ed è peccato, è terra ed è inferno, è l’amarezza dell’amore che ha per dote l’inferno, è la voluttá dell’inferno che