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francesca da rimini 255

ha per soggiorno l’amore: è un sentimento complesso che non ha parola. È la contraddizione, è il cuore ne’ suoi misteri, è la vita ne’ suoi contrasti, è paradiso ed inferno, è angiolo e demonio: è l’uomo.

Di questa tragedia, sviluppata nei suoi lineamenti sostanziali e pregna di silenzii e di misteri, musa è la pietá, pura di ogni altro sentimento, corda unica e onnipotente, che fa vibrare l’anima fino al deliquio. E la musa è Dante, che dá principio al canto giá commosso; che usa le immagini piú delicate, quasi apparecchio alla scena; che al nome delle donne antiche e de’ cavalieri rimane vinto da pietá e «quasi smarrito»; che si sente giá impressionato alla sola vista di quei due «che insieme vanno»; che a renderne la figura trova un paragone cosí delicato e pieno d’immagini tanto gentili; che alle prime parole di Francesca rimane assorto in una fantasia piena di dolore e di dolcezza, e tardi si riscuote ed ha le lacrime negli occhi; e che nella fine «cade come corpo morto»; e non è la donna che parla, è l’uomo che piange che fa su luì l’ultima impressione. In questa graduata espressione di pietá è necessario un perché? Perché deve ricordarsi di un peccato simile da lui commesso! Questa grossolana spiegazione non ci rivela un uomo straniero nel chiostro ad ogni affetto umano e avvezzo a udir colpe nel confessionale? Dante è l’eco, il coro, l’impressione, è l’uomo vivo nel regno dei morti, che porta colá un cuore d’uomo e rende profondamente umana la poesia del sopraumano.

Tutta questa concezione è cosí viva e costante innanzi all’immaginazione, che non trovi qui la piú lieve dissonanza e il menomo indizio di raffreddamento. Virgilio è di troppo in questa trilogia, e scomparisce, non fa atto alcuno di presenza. Tutta la composizione sembra tirata di un fiato e in una sola volta, tanta è l’armonia e la perfezione tecnica nei piú piccoli particolari. Lo stesso verso ubbidisce alla possente volontá e risponde con la morbidezza musicale dei suoni alle più delicate intenzioni del poeta.

La parola che meglio rappresenta questa perfezione è genialitá. È il genio che crea e non forma e comunica intorno