Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. II, 1952 – BEIC 1804122.djvu/309

Da Wikisource.

il farinata di dante 303

Tancredi sapeva benissimo di esser vivo, né ci era bisogno che per tre volte se lo domandasse. Ma in Cavalcante ci è vero strazio, innanzi a una parola equivoca e al silenzio di Dante, che stava come distratto e non rispondeva. Indi il suo insistere e il dir lo stesso, trovando forme sempre piú vive, finché all’ultimo tocca il piú alto dell’affetto. Cosa è la vita per Cavalcante, giacente « nel cieco carcere » della tomba? È la luce, la dolce luce, toltagli per sempre:

                              

Non fere gli occhi suoi lo dolce lome?

                              

A ciascuna domanda del padre, Dante rimane in silenzio e come assorto : diresti che un altro pensiero gli si attraversi pel capo. Pensava: — Poi che i dannati conoscono l’avvenire, o come ignorano il presente? come Cavalcante ignora che Guido è ancor vivo? — . Ma il silenzio di Dante avea per Cavalcante un terribile significato. Quel silenzio voleva dire: — Tuo figlio è morto! — . Vi sono momenti ne’ quali una parola è un colpo di pugnale, e nessun osa profferirla, e si tace: quel silenzio è eloquente piú di un discorso. Quando Achille domandò di Patroclo, e vide tutti intorno silenziosi, esclamò : — Patroclo è morto! — Tuo figlio è morto! — , e come percosso da fulmine, il ritto in piè cade supino:

                              

Supin ricadde, e piú non parve fuora.

                              

Il dolore è sublime, quando all’ improvvisa notizia i diversi sentimenti si aggruppano e si affollano tutt’ad un tratto e in confuso innanzi all’aniina e la soverchiano e la prostrano. Dire questo dolore inesprimibile, ineffabile, indicibile, dire che agli occhi mancarono le lacrime, alla bocca le parole, è usar modi consueti, di nessuna efficacia piú. L’inesprimibile, se volete rendermelo sublime, datemegli una espressione. Volete rendere sublime la grandezza, mostratemi una piramide. Volete rendere sublime il dolore, copritemi di un velo il capo di Agamennone innanzi al sacrifizio d’Ifigenia, o fatemi cadere un uomo e come corpo morto», e soprattutto rubatemelo alla vista: