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324 saggi critici

il nòcciolo reale. Ricorderete la dedica dei Discorsi, dove trionfa il suo sentimento superiore rispetto alla volgaritá qrdinaria delle dediche ai grandi e ai principi :

Onde io, per non incorrere in questo errore, ho eletti non quelli che sono principi, ma quelli che per le infinite buone parti loro meriterebbono di essere; né quelli che potrebbono di gradi, di onori e di ricchezze riempiermi, ma quelli che, non potendo, vorrebbono farlo. Perché, gli uomini, volendo giudicare dirittamente, hanno a stimare quelli che sono, non quelli che possono esser liberali, e cosí quelli che sanno, non quelli che, senza sapere, possono governare un regno. E gli scrittori laudano piú Jerone siracusano quando egli era privato, che Perse macedone, quando egli era re, perché a Jerone a esser principe non mancava altro che il principato; quell’altro non aveva parte alcuna di re, altro che il regno.

Di fronte alla religione egli osserva che la religione di Cristo è stata male interpretata: doversi ammettere ch’essa vuole l’amore della patria, le azioni gloriose, l’educazione civile. L’educazione vile ed effeminata, per effetto della falsa interpretazione, ha fatto si che «l’universalitá degli uomini per andare in Paradiso pensa piú a sopportare le battiture che a vendicarle». Ma «se considerassino come ella permette la esaltazione e la difesa della patria, vedrebbono come la vuole che noi ramiamo e onoriamo, e prepariamo ad esser tali che noi la possiamo difendere».

Ma perché la religione è caduta sí basso, e si è corrotta, e si sono corrotti i costumi? Machiavelli pronunzia quella sentenza che fu l’ultimo colpo di scure alla Chiesa di Alessandro VI e di Leone X («né si può fare altra maggiore coniettura della declinazione d’essa, quanto è vedere come quelli popoli che sono piú propinqui alla Chiesa romana, capo della religione nostra, hanno meno religione»), poco prima che Lutero venisse a realizzare la sua profezia («... giudicherebbe essere propinqui o la rovina o il flagello»).

Machiavelli ritiene che la religione è la condizione della prosperitá degli Stati : che grande responsabilitá incoglie a chi