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machiavelli 33i

scosto a quel tempo, perché era soffocato tra una grande generalitá e una grande particolaritá, tra l’Impero e la Cittá. Dante, nel libro della Monarchia, ci presenta l’avvenire coi sogni di monarchia universale, a capo della quale immagina un Cesare reverente al papa, ma padrone. A Roma che piagne e di e notte, fa dire: «Cesare mio, perché non m’accompagne?». Questo era il pensiero penetrato in tutte le menti del Medio evo. Ed, in esso, dove era, dunque, il concetto di nazione? Questo dominio universale non era forse la negazione di tutte le nazioni? E, se prendete qualche scrittore teologico del XIII e XIV secolo, trovate, per esempio, che uno di essi vi dice: — Daniele profeta ha detto che nel mondo non vi possono essere piú di quattro grandi monarchie, e poi viene l’Anticristo. La monarchia romana è appunto la quarta. Dunque, è l’ultima — . Questa esclusione del concetto di nazione la trovate anche nel Concilio di Costanza, e poi in quello di Trento, nel quale ultimo fu adottata questa proposizione: che la pluralitá delle monarchie è come una negazione dell’unitá di Dio. Uno è il Signore in cielo, uno deve essere in terra. Come, dunque, con siffatte teorie poteva esservi l’idea di nazione? Machiavelli non dice giá che la nazione è un individuo distinto della gran famiglia umana; non enuncia il principio in modo astratto come noi; ma lo intuisce come storico e come politico. Leggete la sua introduzione alla storia di Firenze. Egli vi segna come inizio di civiltá quel momento in cui comincia a cessare la mescolanza delle razze per dar luogo agli Stati singoli. Parlando della Francia, fa una fine osservazione: la Francia è possente non solo perché ha confini ben circoscritti, ma perché ha all’intorno popoli molto deboli. Ecco detto dal nostro Machiavelli quello che oggi ripetono alcuni politici francesi, che rimpiangono la politica di Richelieu. È il ritornello di Thiers.

Machiavelli ha preceduto di tre secoli il suo paese, quando ha preveduto la situazione che nove anni fa è penetrata nei sentimenti popolari. Analizzando l’Italia occupata dallo straniero e le nazioni che si formavano, diceva che la caduta d’Italia dipendeva dal non aver avuto la virtú di Francia e di Spagna,