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LA PRIMA CANZONE DI GIACOMO LEOPARDI


Nel 1818 furon pubblicate in Roma due canzoni di Giacomo Leopardi, appena allora in su’ venti anni, precedute da una lettera dedicatoria «al cav. Vincenzo Monti». Costui o non rispose punto, o rispose, secondo alcuni, con una di quelle lettere generiche di ringraziamento e di lode che non vogliono dir nulla. Il giovine poeta era giá tenuto in molta stima dal Cardinal Mai, principe degli eruditi, e dal principe de’ letterati, Pietro Giordani, e giá destava di sé grande aspettazione per gli studii straordinarii e chiamati miracolosi della sua eroica fanciullezza. Pur non sappiamo che quelle due canzoni levassero dal principio molto grido, ancoraché uscite sotto gli auspicii di un uomo autorevolissimo e a quel tempo incontrastato giudice del buono e del cattivo poetare. Non mancarono i soliti pedanti che vi notarono qualche errore di lingua1; né gli altri piú intollerabili, che lodavano la purezza del dire e l’erudizione e l’odore di classicismo. Vo’ dare un saggio del modo con che si lodava a quel tempo. E cito uomo dottissimo e di non comune levatura, il prof. Pietro Pellegrini, del Giordani, e del Leopardi grande ammiratore. Il quale, volendo lodare la versione di Dionigi, pubblicata nel i8i6, ragiona a questa guisa:

Toccherebbe, ci dicono, il perfetto, chi l’austero e denso Tucidide attemperasse colla soavitá e copia della Musa erodotea; chi



  1. Il Leopardi vi rispose con le sue dotte Annotazioni, pubblicate a Bologna il i824.