Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/216

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intelletto umano, quel desiderio del suo corpo e del suo amante, che le fa sentire una mancanza in quella pienezza di beatitudine. «Te solo aspetto!»

Questa è la donna, che a traverso molte imitazioni poco febei riappare nel nostro secolo con fusioni ancora piú ardite tra divino e umano. La base è sempre l’oltre umano, raddolcito e avvicinato a noi, ma sempre un di lá, un maggiore del vero, come vediamo in Ermengarda e sino in Lucia. L’interesse artistico è tutto nello stretto legame di affetti e di pensieri fra terra e cielo, onde nasce la preghiera e la speranza in terra e l’apoteosi e la beatitudine in cielo. Ciò che chiamiamo vita, è un breve sonno; con la morte s’inizia la vita vera. L’altro mondo è una divina commedia, la corona e la perfezione della vita, la fonte della poesia.

Nel Sogno di Leopardi la base è capovolta. La vita è tutta e sola in terra; la morte è separazione eterna da’ nostri cari; tutto l’altro è l’ignoto, è mistero. L’altro mondo è sottratto a ogni contemplazione poetica. Fonte della poesia è la vita terrena, anzi quella sola e breve parte della vita, che è detta la giovinezza. Sopravviene la morte o il vero, e tronca tutte le illusioni, tutte le gioie della vita. L’anima nell’altro mondo è trista, e ricorda la breve gioventú ed il breve amore:

                                                             nel fior degli anni estinta,
Quand’è il viver piú dolce e pria che il core
Certo si renda com’è tutta indarno
L’umana speme  .  .  .  .
               

Cioè a dire, prima che sopraggiunga il vero, e mostri la vanitá delle illusioni e delle speranze giovanili.

La vita diviene una divina tragedia, elaborata dal Fato, conchiusa con la morte:

                                                             felicitá non rise
Al viver nostro, e dilettossi il cielo
e’ nostri affanni.