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la nerina di giacomo leopardi | 2i3 |
cosa esso sia e dove sia; ma nella sua ingenua fede crede alla sua esistenza, ed è suo ignoto amante, e lo cerca in terra, e spera di trovarlo in terra.
Ma qui la gioventú è giá una memoria. Morto è il cuore giovanile, e morta è la fede di trovarlo in terra. Ciò che l’occhio non trova, rimanesse almeno nell’immaginazione! ma il fantasma, «l’alta specie», appare sempre piú di rado, insino a che scompare affatto dall’immaginazione:
Te viatrice in questo arido suolo Io mi pensai. Ma non è cosa in terra Che ti somigli... E potess’io,... L’alta specie serbar, che dell’imago. Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago. |
Qui è tutta la storia del nostro ideale femminile. Quel «celeste», quell’«angelico», quel «divino» è il fantasma generato dal cuore e dall’immaginazione giovanile. Muore la gioventú, e il fantasma scompare.
Questo ideale immaginato e sentito, ma non veduto e non trovato, è senza contorni, fuori della forma e di ogni esistenza materiale, non ha le forme fisse e i sentimenti delle Laure e delle Beatrici, e de’ Celesti immaginati dai nostri padri. È un ideale muto come una statua e sparente come un vapore, ricordato e non rappresentato. Se gli dai la parola, se gli fai esprimere un sentimento, se gli dai un contorno, una forma qualunque di esistenza, lo hai profanato. Esso non ti vede e non ti parla, sparisce quasi nel punto stesso che apparisce, e tu non sei a lui che un ignoto amante. Purificato di ogni elemento mitologico o plastico, appartiene piú al sentimento che all’immaginazione, simile a Dio, che si sente e non si vede, e in questo senso si può chiamare il divino.
Questa pura idea, appena un’immagine, non si trova in quaggiú nuda, com’è d’ogni forma sensibile:
cui di sensibil forma Sdegni l’eterno senno esser vestita. |