Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/265

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studio sopra emilio zola 259


cuore commosso di poeta. Questa è l’esattezza e l’indifferenza di Zola, questa è la nuditá e la cruditá de’ suoi colori. Quella corruzione senza velo e senza pudore e senza impressioni spaventa la tua immaginazione, offende in te tutto quello che ti è rimasto di umano, sveglia, spoltrisce il tuo senso morale. Cosi gl’iloti ubbriachi erano spettacolo educativo. Que’ quadri di Zola crudi e turpi riescono altamente morali, e piú bestialmente laido è il quadro, piú si rivolta e reagisce la coscienza di uomo, l’ideale. Siamo in tempo in cui la corruzione sociale è raffinata e ipocrita, e volentieri si nasconde sotto veli artificiali. La turpitudine sente vergogna e si rannicchia sotto parole lambiccate e di buon tuono. Zola straccia i panni alla meretrice e la mette alla gogna. La gente schizzinosa grida: — Oibò! Zola è un immorale, — e chiude gli occhi e raggrinza il naso. Tranquillatevi, buona gente, e non giochiamo piú a chi si nasconde; la parola dee esser marchio e non maschera. Questo è lo stile di Zola, un vero stile che penetra nella carne e fa spicciare il sangue.

Eugenio Sue non ha l’indifferenza di Zola. Si dimena, fa esclamazioni, interviene lui nel racconto, mostra i suoi fini e le sue tesi. I fatti sembrano immaginati per dimostrare o per correggere, e non guadagnano la tua fede. Zola non ha fini, non tendenze personali, non vuol dimostrare nulla, vuol rappresentare dal vero, fuori del racconto non ci è che il racconto, la fede del lettore è intera, la illusione è perfetta. E se un fine si ottiene, se il tuo senso morale, se il tuo sentimento dell’ideale, frustato a sangue, si sveglia e grida, sembra impressione naturale delle cose, alla quale rimane estraneo l’autore.

Pure, questa indifferenza scientifica dell’artista a lungo andare riuscirebbe in contraddizione con le impressioni del lettore, se egli a quando a quando non ti avvertisse che il primo martire delle sue rappresentazioni è lui, e che l’«homo sum» opera in lui cosí vivamente come negli altri. E vi riesce mediante similitudini, confronti, antitesi, che sono come un chiarore improvviso del senso umano in mezzo a quelle tenebre della nostra animalitá. Tale è la conclusione del primo romanzo,