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arte; può essere una base, non può essere mai edifizio. L’arte era giunta a trasformare essa medesima la base, creando una vita fattizia e fantastica, dove il reale non si conosceva piú. Il progresso oggi è questo che il reale s’è posto come fatto e come scienza, vuol essere rispettato anche dall’arte. Sicuro. L’arte nelle sue trasformazioni dee conservare inalterata la base, riprodurre nelle sue invenzioni e nelle sue trasformazioni la realtá naturale, imitare anche il processo naturale. Questo è il realismo di Zola. Ma con questo non c’è ancora un artista. Lo fa artista il vivo sentimento dell’ideale umano e la potente immaginazione costruttrice e rappresentatrice.

X

«La Curée».


Voglio ora addurre qualche esempio, che dia un concetto piú preciso della maniera di Zola. Prendo la Curée. È un romanzo breve, rapido, senza distrazioni e senza deviazioni, diritto e fulmineo. Gli avvenimenti s’incalzano e non ti sorprendono; se hai un po’ d’attenzione, fin nelle prime pagine fiuti giá la catastrofe.

Le prime pagine rappresentano una trottata del bel mondo, come di quelle che si fanno a Chiaia. È inutile dire che i menomi particolari de’ luoghi e delle persone fanno stacco, e ti balzano vivi dinanzi agli occhi; sappiamo giá qual pittore è Zola. Se difetto c’è, è nel soverchio. Si ferma la fila delle vetture. Dai un’occhiata sullo spettacolo. Ti passano innanzi dame e cavalieri, che sono i personaggi del romanzo, e un procace giovinetto biondo, roseo, sbarbato ne fa la rassegna a una dama ancor giovine, accovacciata nella vettura, col capo indietro e le membra abbandonate, ne’ cui occhi languidi leggi stanchezza non sazietá di piaceri. Sono i due eroi del romanzo, Renata e Massimo.